26 novembre 2006

FATE I BUONI BAMBINI

La cucina era avvolta da miasmi pestilenziali che fuoriuscivano dal pentolone che ribolliva insistentemente sul forno. Sulle mensole in legno troneggiavano cioccolate dall'aspetto curioso ma che ad un'analisi più attenta, assumevano realistiche forme di parti umane. Il gigantesco tavolo era cosparso da un liquido gelatinoso che imbrattava alcuni arnesi domestici. In un angolo, ammucchiate una sopra all'altra, una quantità incredibile di ciocche di capelli castani e biondi. Davvero poco igienico in una cucina. Di fianco al pentolone disposti in rigoroso ordine su un tagliere, degli appetitosi dolcetti alla crema. All'interno di uno dei mobiletti fissati alla parete, stavano seminascosti dei vasetti di varie dimensioni piene di liquido trasparente, al cui interno galleggiano come pesciolini, oggetti filamentosi non ben definiti. Tutti i vasetti contrassegnati da targhette che recavano date e nomi propri.
Nell'altra sala confinante, il piccolo sorrise teneramente, immerso fino al suo esilissimo collo in quell'infinita coperta multicolore. La testolina rapata a zero spuntava da quell'arcobaleno. Seduto sul lettone accanto a lui, l'omone intento a leggergli una stupenda favola da un libro rilegato finemente. Una folta barba bianca adornava il suo faccione dalle grosse gote rosse, e ciò gli donava un'aria docile e affettuosa. La sua vocetta armoniosa stregava il piccolo.
Sulle pareti della sala stavano attaccate decine e decine di ritratti, raffiguranti bambini di ogni tipo sorridenti a trentadue denti, mentre sul tappeto erano sparsi disordinatamente giocattoli di vario genere. Un tintinnio insistente continuava a giungere dalla cucina, l'omone si alzò e tranquillizzando con una strizzatina d'occhio il piccolo. Recatosi in cucina assicurò il coperchio del pentolone che sbottava con insistenza, estrasse con un forchettone un zampone di piccole dimensioni ma dalla forma strana. Lo osservò soddisfatto, strizzandolo con i suoi ditoni ne assaggiò la consistenza dopodiché lo rinfilò dentro. Aprì un cassetto pieno zeppo di lecca-lecca, ci immerse la mano scegliendone uno. Scartandolo se lo mise in bocca ciucciandolo con estremo gusto. Indirizzatosi nell'angolo vicino al tavolo sbloccò una maniglia d'acciaio di una porta blindata, da cui fuoriuscì dell'aria refrigerata. L'omone entrò in una stanza frigorifera, scostando quarti di bue appesi a dei ganci arrugginiti e stando attento con le sue pantofole a forma di cucciolo di cane, a non pestare le pozze di sangue formatesi a terra. Colpita una carcassa e chiamatola con un nome femminile, scomparve nella nebbia gelida esclamando: "Fa un'po freddo, eh ragazzi?".
Il piccolo sorrise, iniziò ad intonare una cantilena con la sua vocetta flebile, fissando di continuo il soffitto. L'omone lo raggiunse rassicurandolo, gli sollevò la coperta togliendola completamente e mostrando i moncherini del piccolo che indossava un pigiamino azzurro. La parte finale dei quattro arti era stata mutilata con precisione, le maniche arrotolate su se stesse e fissate da grossi spilloni luccicanti. L'omone lo afferrò per i fianchi e lo sollevò come fosse un bambolotto gonfiabile con il sorriso stampato sulla faccia. L'omone fece molta attenzione a trasportarlo in cucina: "Adesso andiamo a fare il bagnetto... Sarà un'po calda l'acqua, sai?".
Due ombre si avvicinarono titubanti alla casetta di marzapane dell'omone. Erano una donna e un bambino con un cappellino. I due si fermanorono. La donna s'inginocchiò sistemandogli il cappellino, gli mise la mano sulla schiena e lo sospinse invitandolo ad avvicinarsi da solo alla casetta. Lei rimase immobile ad osservarlo mettendosi una mano sulla faccia. Il bambino si voltò verso di lei un'ultima volta. La donna si strinse le coscie con forza.
L'omone era in cucina tagliuzzando finemente della carne rossa su un tagliere, il suono del campanello lo mandò in febbrile agitazione. Asciugatosi le mani sul grembiule, tirò fuori da un cassetto un grosso sacco nero della spazzatura e si recò nella sala accanto. Il letto dove stava il piccolo era ancora disfatto. L'omone dinanzi allo specchio, iniziò a levarsi il sontuoso parrucchino bianco e la barba finta, buttandoli a terra. Dal sacco estrasse una capigliatura rosso fuoco, compresa di mustacchi affilati che venne immediatamente provata sulla sua capoccia scintillante. PERFETTO!!! Sistemata velocemente la sala, aggiunse alla sua collezione di ritratti anche quello del piccolo, raffigurato con una chioma rossa e riccioluta. La porta della casetta di marzapane si aprì e l'omone accolse a braccia aperte il NUOVO piccolo. La luce che emanava la casa illuminò il suo visetto sorridente. Anche l'omone sorrise.

AUTORE - CHRISTIAN MARCHI

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo raconto mi piace, è decisamente suggestivo e complessivamente ben scritto.
Ti consiglio di saltare una riga quando sposti la scena, questo renderebbe la lettura più immediata.

memole ha detto...

Splendidamente agghiacciante, anche se l'iniziale descrizione dell'ambiente rivela sin da subito il tipo di "attività" svolta dal simpatico omone...